Inverno 2010: indice degli argomenti e trascrizione dell’incontro. Cliccando andate su quello che vi interessa
Si decide di parlare del linguaggio. Si inizia dal significato del termine "femminismo" - Confronto tra linguaggi, quello degli anni '70 e quello di oggi. - I nuovi termini: pari opportunità, quote rosa, genderialità. Si introduce il tema della sessualità. L'indice analitico con i rinvii al testo è in corso di preparazione.
Discutiamo anche della prossima mostra "Ragazze di fabbrica", che aprirà a Palazzo Ducale nel mese di marzo, e del nostro spettacolo.
Qualcuna propone di organizzare anche un "Gioco dell'oca" attraverso leggi ed eventi dal dopoguerra ad oggi ...
Paola La proposta di oggi è di prendere l’argomento del linguaggio. Dalla lettura e rilettura delle precedenti trascrizioni è evidente che mentre la prima volta il flusso della conversazione era abbastanza agevole, nelle volte successive diventava sempre più disperso: direi che dovremmo prendere un argomento e cercare di stare tutte su quella cosa. Prima di tutto ciò una comunicazione: alcune di noi hanno dato vita a un piccolo gruppo, su proposta di Pina, che è il gruppo di riflessione sulla morte. Siamo in cinque persone, per adesso, e abbiamo concordato che questo gruppo deve rimanere un gruppo piccolo, che le persone che ci partecipano non possono essere persone molto giovani, e che devono avere alle spalle dei percorsi sia di pratica delle donne, sia di tipo psicologico. Detto questo, la proposta è parlare del linguaggio. Arianna Se non ci sono proposte, io ne avrei una. La proposta nasce dal fatto che questo è per me un ambiente completamente nuovo. Già da quando abbiamo iniziato a lavorare sulla mostra “15 donne” è stata una delle prime volte in cui mi sono avvicinata alla parola femminismo, che era una cosa di cui sapevo l’esistenza, avevo delle idee particolarmente confuse sull’argomento, che potevano essere di simpatia generica ma di ignoranza di fatto, e quando ho iniziato a lavorare col gruppo delle 15 donne e ho iniziato a dire: “Ah, io sto facendo un laboratorio di teatro su un gruppo di femministe degli anni ’70 di Cornigliano” l’espressione generale era: “Femministe? Ma io sono contro il femminismo, perché è un po’ come il maschilismo”. E questa assimilazione tra femminismo e maschilismo è una cosa che mi hanno detto tutti gli uomini con cui ho parlato della mostra “15 donne”, indifferentemente dalla età, dai settantenni ai trentenni, e molte delle donne “altre”, al di fuori di voi, soprattutto delle giovani dai venti ai trenta. E’ una cosa che sembra banale, ma siccome l’ho riscontrata in tutti, questa ripetizione … forse parlare di cos’è il femminismo, la parola femminismo banalmente … mmh. Basta. Pina eh, vediamo le giovani … Paola Intanto tu cosa pensi del femminismo, quale è la tua idea? LucianaB Rileggendo appunto l’ultimo incontro quello che era emerso erano queste domande, il significato delle parole, il femminismo cosa vuol dire, il femminile, nascere, far nascere, e poi una affermazione - ma anche domanda - non so da parte di chi, forse Lauretta: “le donne solitamente hanno una psicologia perversa, meglio gli uomini”. E poi anche quest’altro dato che proprio è uno dei significati principali, più importanti, che è il mettersi assieme come atto politico. E da qui appunto la discussione di cosa è il femminismo. Paola Sempre nella rilettura ricordo che avevamo detto: nel mettersi assieme c’è stata questa condivisione e questo scambio, però la cosa rilevante è che durante il femminismo le donne non si sono messe insieme per condividere, ma hanno scelto politicamente che era importante mettersi insieme. Poi dopo, da questo atto politico, sono venute anche le esperienze di condivisione, di riconoscimento dei problemi comuni, e anche di consolazione per certi aspetti. Però il punto era l’atto politico di mettersi assieme tra donne per fare politica, per pensare al mondo, per ripensare alle cose. Livia Ma, allora, detta proprio così come l’ho pensata: nel momento in cui tu hai detto “Ho fatto un lavoro con un gruppo di femministe”, il mio pensiero è stato che il nostro è “un tipo” di femministe, forse neanche le più rappresentative. Anzi, per quello che mi riguarda, non le più rappresentative di quello che è stato il femminismo. Io ho fatto le due cose, cioè questo gruppo e un gruppo che non era neanche femminista all’estremo perché comunque era sempre legato ad un gruppo politico: ecco, devo dire che ci sono state differenze molto grosse da quello che è stato il femminismo più radicale che era, se vogliamo, separatismo rispetto al maschile anche indipendentemente dalla politica, e proponeva una riflessione non sulla politica, ma sulla identità e sulla sessualità, in un modo nettamente separato dal maschile e a partire da una presa d’atto non discutibile e generalizzata di una condizione di inferiorità della donna rispetto al maschile. A Genova c’era questa area che per esempio comprendeva anche molte esperienze di donne lesbiche. C’è stato poi il femminismo dei gruppi, che è stato quello del Manifesto, e quello di Lotta Continua, e della Quarta Internazionale e chi più ne ha più ne metta … Pina … di Avanguardia Operaia... Livia … dove lì c’è stata la scelta di una parte delle donne di questi gruppi, non di tutte, di costruirsi degli spazi separati dove portare una riflessione che era politica nel senso che si faceva in spazi politici, ma in realtà era personale e sessuale, legata alla sessualità, alla relazione di coppia, alla relazione col maschile e alla relazione tra donne. Che quindi aveva di politico di essere fatta a fianco di luoghi politici, e rivendicava una politicità di questo aspetto … però non si esprimeva sulla politica, e, parallelamente agli altri gruppi, quelli di donne e basta, aveva in comune questa esperienza della autocoscienza dei gruppi di donne che è un po’ quello che ha caratterizzato il primo femminismo. Il nostro gruppo era ancora un’altra cosa: è stato il voler portare certe riflessioni dentro il lavoro. Quindi non più dentro la politica dei gruppi o dei partiti; pensiamo anche a come è cambiata l’UDI per esempio, che negli anni è diventata da un’appendice femminile del PCI a un qualche cosa di autonomo. Il nostro gruppo è ancora un’altra cosa, cioè il voler andare a cercare tutti gli elementi legati al maschile e al femminile nel lavoro. Quindi a partire dalla fabbrica, ma non solo, cercare di vedere le donne in quel contesto, un contesto specifico ma anche grosso, e pubblico, più pubblico anche della politica, se vogliamo, perché tutti lavorano. Quindi secondo me parlare di femminismo vuol dire anche sapere che ci sono un sacco di cose diverse. Paola Io non ho fatto l’esperienza femminista, però la parola che ha usato Livia, quella della autonomia, mi sembra che sia stato il punto chiave. La cosa nuova o inaspettata che ho trovato incontrando i gruppi delle donne nel ’76 è stato il fatto di iniziare a fare un pensiero politico, vedersi, prendere delle decisioni, delle iniziative senza che derivassero, intanto, a priori, da una organizzazione dentro cui tu eri. Improvvisamente c’erano delle donne che, senza chiedere il permesso a nessuno, avevano deciso di fare delle cose per conto loro, e queste cose che si pensavano per conto proprio iniziarono da subito ad entrare in conflitto, in collisione dialettica con quello che c’era prima, e questo è stato il salto, senza che ci fosse stata per me, e credo per molte altre di noi, una pratica di autocoscienza, una riflessione sulla sessualità. Semmai queste cose sono per me venute tardivamente, questo aspetto che poi si è legato a pensieri che riguardavano in maniera più profonda anche la mia vita personale, si è fatto strada lentamente e ha cominciato a dar segno di vita intorno al 1978. E’ chiaro che ci può esser un uso estensivo, allargato del termine femminismo, che però “tiene” un aspetto, che è quello del pensiero e della azione, non solo del pensiero, autonomo delle donne in dialettica col mondo circostante. Aurea A proposito del linguaggio mi è venuto in mente che era stato una delle nostre carte, nell’ambito del lavoro. Io l’unica esperienza che ho avuto è stata questa del coordinamento FLM, e il linguaggio che usavamo sul luogo di lavoro era stato il modo per farci conoscere e riconoscere, nel senso che tornavamo il martedì dalla riunione e c’erano gli attacchi alle femministe, perché così eravamo viste inizialmente, ma siccome avevo preso l’abitudine di parlare di quello che avevamo discusso, i colleghi uomini che mi tacciavano da passionaria femminista si accorgevano che invece parlavamo di cose che riguardavano anche loro, e piano piano è cambiato il modo di vedere le colleghe nell’ufficio. E’ stato un piccolo passo, però il linguaggio che usavamo era nuovo per loro, per gli uomini sul posto di lavoro. Non credevano che noi donne potessimo usare quel linguaggio. Si parlava di politica, arrivava il giornale e si commentavano gli articoli, cosa che invece in ufficio le donne non facevano. I giovani, le ragazze non leggono, molte cose non le sanno, parole non usano perché non le hanno mai lette. Sì, magari è un linguaggio desueto, ma per noi non aveva mistero, parole che non hanno mai sentito usare per noi erano invece di uso comune. Loro lo vedono diverso il femminismo perché tutto quello che è stato, che abbiamo fatto, che hanno fatto, perché insomma tante donne hanno fatto, è stato un cambiamento lento della quotidianità, e quindi per loro è difficile capire oggi che cosa è cambiato, visto che è stato lento, è stato capillare. Loro hanno trovato queste cose già discusse, digerite, le parole erano già state usate; ora non si usano più perché ce ne vergogniamo … ecco questa è la differenza. Quindi riprendere il discorso sul linguaggio non è sbagliato. GabriellaB Il femminismo è considerato una etichetta negativa, io invece ho riscontrato che nelle persone che sono un po’ più interessate a capire quale è stata la storia del secolo scorso, politica e di costume, il femminismo viene considerato la rivoluzione culturale più importante del secolo scorso. Questo passa, ma passa solo a certi livelli, non nel vivere comune di tutti i giorni. Eleana Vorrei tornare sul linguaggio. Cioè proprio sul termine femminismo. Siccome a me piacciono proprio le lingue, i passaggi tra le lingue, volevo fare un gioco che è anche un po’ una provocazione. Cioè, se noi prendessimo il periodo storico degli anni ’70 come una lingua, e il periodo storico attuale come un’altra lingua, cosa troveremmo nella nostra società, nel nostro linguaggio, che più o meno si occupi delle stesse tematiche, degli stessi problemi di cui si occupava il femminismo? Mi sono venute tre, quattro parole, che però mi hanno depresso mentre le scrivevo … Ad esempio: pari opportunità, quote rosa, e se andiamo nell’ambito storico hanno molto successo di solito i progetti che si occupano di storia dei generi, genderialità, che sono tutti termini che diventano tecnici ed asettici, svuotano sia la parte più emotiva, comunque di impatto, sia la parte più di sostanza, la frammentano, frammentano la realtà. Ad esempio “pari opportunità” si usa sia per il lavoro delle donne che per il lavoro degli stranieri, è una cosa abbastanza generica. “Quote rosa” è un termine che, a parte il tecnicismo, implica una concessione, sto cercando di fare un confronto tra due campi semantici, uno degli anni ’70 e uno attuale. “Genderialità” è iper-tecnico, deriva da un termine straniero che è gender … Chiara Il discorso del linguaggio è anche vedere in che campo lo applichi. Nel campo della università e della ricerca i gender studies sono gli studi sui generi maschile e femminile, quindi anche omosessualità. Il discorso sulle donne si chiama women studies, e soprattutto all’estero, nei paesi anglosassoni, è ben categorizzata la parola. Gloria Nelle cose che ho letto io gender studies era utilizzato solo per le donne. Eleana secondo me è significativo anche il fatto che sia così frazionato quello che ci troviamo davanti nel linguaggio. Alisia Volevo dire un po’ di cose. “Quote rosa” comunque è così povero come termine perché in realtà è un termine piovuto dall’alto, non è un termine condiviso. E’ un termine che nasce, come dire, dalla “struttura partito” maschile. Poi c’è un'altra cosa. Sentendovi prima parlare del linguaggio, secondo me il problema a monte di tutto questo è legato al fatto che comunque il nostro linguaggio è impoverito, ma è impoverito perché è deresponsabilizzato. E’ un linguaggio impoverito dalla tecnica di comunicazione che è la tecnica di comunicazione vigente. Ed è un linguaggio nel quale nessuno si assume la responsabilità di quello che dice. Magari nei momenti di istintività puoi anche dire cose di cui non ne comprendi appieno l’importanza, però il dialogo, che è un altro elemento fondamentale del linguaggio, ti permette di ritornare su quello che hai detto e comprenderne la portata. Ma disgraziatamente oggi il linguaggio ha perso questo peso. Cioè il linguaggio è leggero, è volatile, e quindi essendo volatile si è persa tutta la sua storia e in più è completamente deresponsabilizzato. Paola Partendo da Pina che aveva introdotto la questione del linguaggio, l’obiettivo fondamentale era che ci capissimo tra di noi qua, questo era il punto. Mi sembra ampiamente condiviso che il linguaggio sia importante, fondamentale, e su questo tutte sottoscriviamo. Ma il punto è se questo gruppo di pensiero stagionale, politico deve produrre dei pensieri sull’oggi tenuto conto che qui ci sono persone che hanno avuto una storia, altre sono persone più giovani. Quindi per la possibilità di produrre un pensiero è necessario che quando qualcuna di noi usa una parola sia capita nello stesso senso tra tutte, oppure si capisca quanti sensi può avere dentro quella parola, in maniera che quando una dice “emancipazione” l’altra capisce che storia c’è. Se una parola che è uscita fuori è “femminismo” la domanda è: quando usiamo la parola femminismo qui tutte quante parliamo dello stesso oggetto? Abbiamo in mente di che cosa si tratti? Mi sembrava di capire questo. Se poi qualcuna ha idee più chiare … Pina Certo che non è possibile così semplicemente così come tu dici. Un gruppo si evolve, Il linguaggio anche del gruppo si evolve a seconda degli apporti di ciascuna di noi, e poi dobbiamo tenere conto del linguaggio che c’è, e dei computer, c’è questa cosa qui, diversa dai nostri tempi, come “uno due uno due” ha modificato il numero, come il linguaggio nostro in termini di continuità oggi è semplificato attraverso la comunicazione che avviene con le macchine. Non so … tutto questo è molto complesso, molto difficile. Mentre qui giravano le parole pensavo alla responsabilità che gruppi come il nostro hanno anche di comunicazione con il mondo generale, col mondo maschile. Qui c’è tutta una stratificazione di comunicazione tra donne che proviene non solo dal nostro tempo, perché noi studiavamo anche i gruppi che provenivano dai secoli precedenti. Poi il nostro gruppo non femminista, ma femminil … come volete, si è occupato del lavoro e il nostro luogo non di origine ma di movimento era il sindacato, e uno dei centri del lavoro femminista nostro nel sindacato era ciò che il femminismo sosteneva o cercava di far entrare nella cultura generale: che è proprio il lavoro - che non si chiamava lavoro - delle donne nei secoli. Perché il lavoro che non era mai stato pagato, quel lavoro lì anche emotivo, le emozioni, erano qualcosa che interessava tutta l’economia del mercato. Paola Non è che non ci sia nessuno che parli del linguaggio, della semplificazione del linguaggio, dell’effetto della tecnologia sul linguaggio … ci sono molti che ne parlano. Il punto è come possiamo vedere questa cosa noi. Flash: pochi giorni fa alla radio ho sentito il tipo che parlava di una indagine sulla vita media delle persone nel mondo. Allora salta fuori che in Italia la vita media è più elevata e che le donne campano fino ad 84 anni, ed ha detto testualmente il tipo di Radio3: “Così da noi più longevo è il sesso debole” - ed era veramente una infinità di tempo che non sentivo la parola sesso debole! E ha aggiunto “Del resto in Italia solo una donna su due lavora”. Quindi in questi cinque secondi … una capacità di sintesi! Il fatto che venga di nuovo detta questa cosa mi è sembrato né casuale, né neutro. Arianna Mi è sembrato molto interessante il discorso che faceva Eleana dei due linguaggi; cioè il linguaggio anni ‘70 e il linguaggio 2010. Come se fossero due linguaggi diversi da confrontare; l’esperienza passata dava per scontata anche tutta una possibilità di cambiamento e di energie che erano in divenire verso un futuro migliore, invece noi adesso viviamo in un momento in cui non c’è una grande spinta di energia verso un futuro migliore. Stiamo tornando indietro al sesso debole e quindi questa forza che potevano avere un tempo le parole adesso invece l’hanno persa diventando “quote rosa”. Tre parole: quote rosa, storie dei generi e pari opportunità che implicano sempre un sesso debole, tutte e tre, cioè, l’hanno emarginato. La condizione della donna negli anni 70 era peggio di quella che è oggi. Quindi in realtà, nonostante oggi la situazione della donna sia molto migliorata indubbiamente, è peggiorata. Gloria Ma, il termine femminismo, l’abbiamo adoperato noi negli anni ‘70? Chi è che l’ha coniato? Anna 1903…. 1908. Gloria Quando si usava molto il termine femminismo in senso positivo, allora c’erano le donne che attivamente portavano avanti una politica per loro, quindi si facevano sentire a livello politico o nei gruppi; invece questi altri termini (pari opportunità, quote rosa, storia dei generi) mi sembrano termini che hanno canonizzato il punto di vista “maschile” tra virgolette, istituzionale, della questione … Luciana meno politico, meno fastidioso … Gloria anche più neutro, come se fossimo state infilate in categorie, in codici linguistici che sono tranquillizzanti. Livia Oggi, in ambito educativo scolastico, le ricerche legate alle pari opportunità fanno tutte riferimento ad azioni di sostegno per gli studenti maschi che in generale a livello scolastico sono più in difficoltà delle femmine. In particolare su una serie di ambiti, per esempio gli studi linguistici, fondamentali, in cui i maschi tracollano. In una fase iniziale le pari opportunità all’interno dell’ambito scolastico prevedevano una serie di azioni per sostenere l’ingresso delle ragazze nei percorsi di studio scientifici, mentre adesso va all’altro modo. Chiara Oggi si riconoscono degli aspetti di criticità nei ragazzi, che stanno davvero tracollando a livello scolastico a livello di scuola superiore, questo è un fenomeno a livello europeo preoccupante. Livia Se noi pensiamo appunto alle differenze del significato di certe parole nel tempo e a quello che dicevi tu, cioè quello che oggi si dice: ”In fondo il femminismo non serve più perché certe cose si sono ottenute”… è’ vero, per certi aspetti, nel senso che si sono ottenute tutte una serie di conquiste politiche. Sono cambiate le relazioni tra i sessi. Credo che noi negli anni 70 avessimo di fronte dei maschi in carne e ossa, che potevano essere compagni di lavoro, compagni dei gruppi politici che esercitavano un ruolo, tanti esempi di uomini, che ponevano le donne con le quali avevano a che fare in un ruolo di subalternità. Oggi io faccio fatica, nelle persone che frequento, a incontrare situazioni di questo tipo; anzi spesso adesso sono le donne che si mettono nella coppia, nel gruppo, in modo dominante. Quello che io mi chiedo però è tutto l’altro aspetto, quello più segreto, quello legato alla sessualità: cosa sta succedendo? All’inizio del femminismo si diceva “non ci si tolgono più i peli dalle gambe” che andava insieme a molte altre cose molto più concrete, no? E andava per esempio insieme al fatto di rivendicare nelle nostre coppie o quelle che erano una sessualità diversa. Allora io mi chiedo, intanto oggi il rapporto col corpo è peggio di quanto era allora per le donne, perché c’è questo bisogno di falsificare il corpo. A livello di sessualità, e lo dico anche rispetto alla mia esperienza clinica, sembra davvero che non ci sia stato il femminismo per le donne giovani di oggi. E che torni a verificarsi, mascherata da emancipazione, una sessualità o prevaricante o che non presta attenzione. Arianna Io ho sempre pensato che la liberazione sessuale volesse dire … noi donne occidentali siamo libere perché possiamo andare in giro nude, oppure “io sono libera sessualmente perché io non ho nessun problema a fare un pompino”, ma non è questo. Parlando con la Paola che mi ha detto “Ma no Arianna, guarda che non è così …”, queste parole dette sui gradini … “Ma tu sei libera di chiedere al tuo uomo il corrispondente del pompino?” … è una cosa che, a trent’anni, mi ha fatto dire: ma forse ho frainteso. Ho frainteso per trent’anni la parola liberazione sessuale, ecco! Paola: Faccio un parallelo con l’altro paese la Grecia, perché c’è questa distanza temporale anche nella contemporaneità; lì le donne sono sicuramente molto … ecco … disinvolte sessualmente. In Grecia il fatto che una ragazza decida di scopare con uno una sera è normalissimo, assolutamente normale. Contemporaneamente a questa libertà è sacrosanto che una si deve sposare. Come dire: c’è questa libertà, va bene, ma l’obiettivo, la soglia da raggiungere, il traguardo, è assolutamente il matrimonio, i figli e il matrimonio in chiesa ortodossa. Quindi questa libertà … Luisa … abbiamo scherzato … Paola Sì, abbiamo un attimo scherzato. Pina Scusa la domanda, ma in famiglia, nel rapporto col lavoro, col lavoro domestico … Paola Non ne parliamo, assolutamente, di vedere un maschio greco che si schiodi di lì e che anche soltanto apparecchi e sparecchi … Caterina Sì, la libertà sessuale, ma non è solo la libertà sessuale il punto. Per il fatto del linguaggio mi sono venuti in mente gli sms o i messaggini che ci si manda adesso, specialmente i giovani; sono sempre un impoverimento in più del linguaggio, La kappa, la c per dire ci vediamo; questo solo per cose più evidenti. Arianna Secondo me non è vero che è un impoverimento, è un cambiamento. E il cambiamento è una cosa che ha una spinta sempre vitale; l’impoverimento avviene se rimane solo questo e dietro alle spalle non ci portiamo lo zaino della nostra storia. Se diventa solo quello diventa impoverimento. Caterina Ma l’italiano non c’è più. AriAnna L’italiano è una lingua che diviene, che si trasforma e può diventare un’altra cosa e che non è la lingua di Dante. Il problema è se la lingua di Dante viene dimenticata e non viene trasportata nel futuro; le 12enni che hanno questo linguaggio da sms … è una cosa meravigliosa. Il problema è se loro dopo rimangono solo su quel linguaggio e non riusciamo a passargli altro, ed è un problema che anche noi adulti non riusciamo a cogliere questo linguaggio e ad utilizzarlo per portarlo e farlo crescere. Il linguaggio non si impoverisce nel sms, come non si impoverisce nelle email, tutta questa nuova strumentazione tecnica è una cosa che ci può portare in avanti, non va vista in opposizione. Se tu guardi il francese che è una lingua che è in perenne mutamento, che è una lingua perennemente viva … che si promuove essendo viva, fagocitando il fatto che usano il linguaggio arabo con l’inversione delle parole ma con le parole francesi … sì sì delle cose complicatissime, illeggibili, perché poi se non sei abituata … Laura: Tornando alla sessualità ci sono molte ragazze che comunque sia …. sono puttane nel senso negativo e dispregiativo perché sono persone che, non solo non danno importanza alla sessualità, non c’è più forse anche la coscienza. Cioè fai delle cose senza sapere cosa fai per affermare il fatto che anche tu … mi sembra più una cosa maschile. Non lo fanno perché la donna può fare quello che fa l’uomo, lo fanno perché seguono gli esempi televisivi e comunque cercano il bravo ragazzo che le sposi, che le mantenga. Manca la consapevolezza, seguono i modelli, è una consapevolezza che manca e manca anche un’identità. Giovanna: Ieri sera sono andata a vedere un video bellissimo che parlava proprio dell’outing di alcuni ragazzi. E’ stato girato nel ‘98. Questo regista, che si chiama Pellizzetti ha fatto delle riprese all’interno di una scuola mettendo a confronto ragazzi dichiaratamente omosessuali con ragazzi che si dichiaravano eterosessuali. E’ un video che vi consiglio. Io quest’estate sono rimasta molto colpita dalla vicenda di Marrazzo perché secondo me pone una discussione forte, anche per noi, rispetto allo spazio che diamo alla sessualità ed all’ambito del desiderio. Io non ho provato nessuno scandalo. La modalità magari, il fatto che lui andasse con la macchina della Regione, però dal punto di vista umano … non è che mi sia data delle riposte precise, però quest’uomo propone a tutti noi una riflessione forte sulla sessualità, su come la pensiamo, sul fatto che non ci si esprima, sul fatto che noi dobbiamo sempre ricorrere a dei modelli certi, e mi ha colpito il fatto che abbia creato più scandalo Marrazzo che andava con un transessuale, adulto, del fatto che Berlusconi si portasse 15 ragazzine in villa, a spese nostre. E quando io ho parlato con delle persone di sinistra dicendo “Guardate che tra le due forse deve generare più scandalo Berlusconi” loro mi han detto “No, ma tu non ti rendi conto, andava con dei transessuali, ma tu non ti rendi conto!” Secondo me questa cosa del transessuale … Pina: dove c’è il desiderio c’è il tabù, papà Freud ce lo insegna, dove c’è il desiderio c’è la proibizione: “Non uccidere” perché tutti desideriamo uccidere per cui tutti desideriamo … Abbiamo aspetti di quel tipo, desideriamo il transessuale … la sessualità è complicata … e lì c’è un tabù sociale vecchio, antico. Anna: Il femminismo secondo me, era andato immediatamente nelle trasformazioni fuori, noi abbiamo visto il femminismo come le suffragette che manifestano, ma ciascuna di loro aveva delle profonde trasformazioni interne per poter fare quello. Il neo-femminismo quasi è partito dall’inverso, cioè è partito dallo sperimentare un modo diverso di comunicare e di relazionarsi per poi, forti di questa esperienza, portare anche nei luoghi di lavoro con più o meno successo questa cosa qui. Che poi si sia tradotta in pari-opportunità, mi sembra inevitabile. Quello che mi mette a disagio è che, io per prima, ho la tentazione di dire come eravamo … o come era bello … o come era diverso... o come era brutto, con l’impoverimento di non guardare all’oggi e al futuro. Restiamo aggrappate al dire “ ma allora come si diceva?”. Cosa vuol dire oggi? Che significato ha per me oggi? Vorrei provare a ricominciare così perché mi sembra che sia questa la possibilità del cambiamento anche del nostro lavorare assieme. Arianna: Io prima l’ho buttata lì e dopo ci siamo ritornate con Giovanna; io ho trovato molto aggressivo quando Lauretta diceva “le puttane”. Questa parola puttane propria è una cosa che mi crea dell’orticaria terribile perché la trovo una parola molto maschile. Come diceva Cicciolina “io non mi dico puttana davanti allo specchio”. Nel senso che è un’etichetta che ti danno gli altri. Un’etichetta in genere degli uomini o delle donne rispetto ad altre donne per distanziarsi da determinati comportamenti. Questa cosa è collegata anche al fatto che quando mi dicono “maschilismo uguale femminismo” è un problema non solamente degli uomini, ma anche delle donne. Così come ho trovato che esistono degli uomini che hanno meno problemi rispetto alla parola femminismo per esempio. Su Marrazzo invece la cosa che a me ha stupito più di tutte è che se i politici vanno a transessuali perché non esistono delle leggi sui transessuali? Chiara: perché è un tabù, è un vizio privato. Esistono delle leggi sui transessuali, come quella che li obbliga a mantenere il nome maschile finché non … Quindi in realtà è legiferata in una certa parte. Comunque è un vizio privato e quindi … scandali sessuali, omicidi, aborti ci sono sempre stati, però la politica, lo stato è la grande famiglia cattolico-borghese quindi è ovvio che, come nelle famiglie c’è che il marito va a trans però rimane l’immagine della famiglia tranquilla borghese. Luciana: Volevo solo ricordare, tornando al significato delle parole, la domanda che era emersa: abbiamo parlato solo del significato di una parola, il femminismo. Nell’incontro precedente quello che era emerso era la differenza fra femminismo e femminile. Allora a questo punto discutere del femminile, perché sembra che siamo tutte femministe ma il femminile che cosa significa? Come è vissuto da noi e dagli altri? Esiste ancora a questo punto? Il femminile dov’è? Dove lo cercano gli uomini, come lo viviamo noi. Gabriella: Il discorso della sessualità delle donne è un discorso molto importante ed io ancora oggi ho difficoltà a capire nel cambiamento del costume perché oggi le giovani si comportano in un modo assolutamente inconcepibile ai miei tempi quando ero giovane io, e tutto questo mi sembra un passo avanti, un passo di emancipazione ma non di consapevolezza perché i modelli sono pur sempre dettati da delle leggi che non inseguono la libertà, inseguono il consumo. Paola: Quando ho citato la questione della Grecia il mio sentimento era di stupefazione rispetto alla modalità ”maschile” di questa mia amica di considerare il rapporto col sesso staccato dall’innamoramento, staccato dal coinvolgimento emotivo. La mia reazione è po’ ambigua rispetto a questo, da un lato dico: si è presa questa fetta che prima era riservata al sesso maschile.Contemporaneamente l’ho trovato anche come una specie di impoverimento, ma non è detto che lo sia. C’è una differenza radicale rispetto alla mia storia personale e un interrogativo complessivo rispetto al rapporto tra maggiore autonomia, libertà e indifferenza rispetto al giudizio sociale. Maura: Io volevo dire perché non ho ancora parlato perché c’è un’onda di tristezza che mi sta sommergendo; forse l’uso della parola femminismo, dargli il senso che gli vogliamo dare adesso, non lo so che cosa è stato. Volevo riuscire a capirlo con voi. Per chi ha vissuto in quegli anni, io sento di usare di più il termine femminile che femminista. Io ho pensato diverse volte: che cosa posso fare con la mia esperienza? Posso far crescere un maschio diverso. E questo me lo sono dato quasi come compito, perché io sono convinta di questo, che attraverso i piccoli gesti si cambia tutto un insieme. Luciana: Non ho idee chiare da dire ma continuo a richiedermi perché, siamo fuggite dal linguaggio. Paola: Un’idea su cosa è successo è che è difficile fare la cosa che ci siamo proposte di fare. Rileggendo le trascrizioni mi sono chiesta come mai quella della prima volta ha funzionato meglio: perché siamo partite sulla scorta di un pensiero che è quello della Muraro; il giorno prima c’era stata questa conferenza di Luisa Muraro ed alcune di noi c’erano andate. L’idea di esordio del gruppo sarebbe stata che ognuna si fosse immaginata qualche argomento di cui avrebbe avuto voglia di parlare. Io ero partita dicendo che volevo parlare della competitività, Pina aveva tirato fuori abbastanza presto la questione del linguaggio, Luciana per quella volta specifica aveva detto: “Visto che qualcuna è andata a sentire la Muraro, ci racconti un po’!”. Allora noi siamo partite da un pensiero formato, organizzato e ben pensato da questa tipa che lo fa di mestiere, e questa cosa ha dato una direzione ai nostri pensieri, poi anche quella volta si sono intrecciati, ma in una maniera più coerente, perché ciascuna ha fatto lo sforzo di dire di che cosa vorrei parlare in gruppo, e quindi il linguaggio, la competitività, l’identità e un po’ di queste cose sono rimaste nel secondo incontro che è stato quello dell’estate, dove poi si è molto parlato dell’identità, e poi il materno e il paterno. Abbiamo tentato di fare dei pensieri astratti, di formulare dei pensieri, dei concetti, non di raccontarci delle cose. E mi sembra che questo sia difficile. Pina dice ‘parliamo del linguaggio’, meglio ancora ‘diciamoci tra di noi, quando usiamo delle parole, che significato attribuiamo a queste parole’. Alcune parole che erano girate erano: femminismo, femminile, materno e paterno. Riteniamo tutte importante parlare del significato delle parole? Abbiamo rilevato che su alcune parole che ci sarebbero indispensabili per sviluppare pensieri successivi ci siano delle grosse ambiguità fra di noi per cui queste vanno tra di noi chiarite? A noi era sembrato di sì. Quando noi leggevamo le trascrizioni, veniva fuori nella lettura che le più giovani ci chiedevano parole come parità, emancipazione, il femminile: si vedeva che non c’era un terreno comune nell’usare questi termini. Io pensavo che qualcuna poteva portare queste parole e si poteva discutere tra di noi, come una specie di lavoro propedeutico: dopo di che non si andrà avanti in questa discussione se non cominciamo a leggere delle cose di qua e di là, a portare dei pensieri che ci facciamo leggendo. Non è che nessuno stia pensando, e arriviamo noi che ci facciamo venire delle idee luminose. In tutti questi trent’anni che sono passati un sacco di gente ha scritto un sacco di cose, le hanno scritte le femmine e le hanno scritte pure i maschi. Se vogliamo fare un lavoro di questo tipo dobbiamo decidere un argomento e su questo argomento leggerci delle cose e venir qui e parlarne magari dopo essersi chiarite alcune questioni di termini, se no stiamo qui a raccontarcela, questa è un po’ la tristezza e il disagio. Pina: Sulla parola femminismo delle suggestioni sono emerse, ciascuna di noi ci penserà sicuramente e naturalmente non uscirà di qui con le stesse emozioni di quando si è seduta, sicuramente ciò che è emerso è importante anche per il gruppo. Livia Io sono d’accordo su quello che diceva Pina, sono d’accordo cioè di parlare del linguaggio, se intendiamo il linguaggio come di alcuni significati, non del linguaggio in generale, ma di alcuni significati … Se parliamo dei diversi significati, intanto siamo di fronte a significati complessi, allora la domanda è: ma pensiamo di poter dare un significato condiviso ad una serie di vocaboli pregnanti per noi dal punto di vista dell’esperienza e della emotività ? O vogliamo parlare di questi significati, per poi uscircene ciascuna con delle posizioni personali? Sono due posizioni estremizzate. Mi interessa, uscire di qui con dei significati condivisi oltre un certo livello,, mi piacerebbe uscirne con una condivisione cioè capire perché io do più importanza a questo significato e un’altra a un significato diverso. Poi io credo che il significato del femminismo-femminile, sia un tema grossissimo, perché abbiamo il termine nelle esperienze di ciascuna di noi, credo che stiano venendo fuori alcuni interrogativi importanti,, oggi c’è una tendenza a vivere la sessualità in un modo, più sganciato da una dimensione affettiva, e questo vale sia per gli uomini che per le donne,, a me farebbe piacere capire in questo momento cosa significa questo per le donne. Alisia Volevo tentare di fare una unione tra questi esempi di sessualità: abbiamo parlato di transessualismo, di alcune ragazze che si dimostrano abbastanza disinibite e, come dire, ostentano la disinibizione, e di coppie con una naturalezza di comportamenti che prima non era usuale. Secondo me ci può essere una negatività in questo, perché si può leggere in tutto questo un tentativo di approvazione, una sessualità come un tentativo per sopperire all’ insicurezza. Luisa In tutto questo ragionamento che abbiamo fatto questa mattina sulla sessualità non è mai uscita una cosa, e mi riferisco alla violenza sulle donne. La cosa che io mi chiedo spesso è: perché questa cosa succede con grande frequenza? Sì, è sempre successa. Pina L’aumento della violenza sulle donne, può essere anche una rappresentazione dell’aumento di liberazione delle donne, cioè nel senso che quanto più una donna si sente libera, e si muove, l’altro la pesta di più. Eleana L’altro giorno ho letto due notizie: una era di una ragazza mussulmana che è stata violentata da un parente e di questa difficoltà nelle indagini perché nella comunità mussulmana persiste una omertà, e poi ho letto un’altra notizia di una ragazza che tornava alle tre di notte a casa e per strada è stata beccata da due che l’hanno violentata…. Ed io porto qui il fatto che con queste notizie non so relazionarmi, nasce immediata la rabbia e poi c’è dentro di me come una reazione del tipo: ma questa o non si è guardata bene alle spalle o… trovo sempre delle giustificazioni stupide e socialmente diffuse. Paola sulla colpevolezza della ragazza? Chiara Sul fatto che ha attirato l’attenzione del maschio? Giovanna No, ha fatto una imprudenza. Penso: come mai ha abbassato la guardia? Perché quando io torno di sera tardi a casa e mi faccio tutto il mio percorso dal parcheggio a casa, mi guardo alle spalle, ragiono su quello che potrebbe accadere, e mi aspetto che questo potrebbe accadere. Gloria Ho conosciuto una amica di mia figlia, che faceva una vita come quella descritta qui, nel senso delle giovani che non hanno difficoltà ad avere rapporti sessuali, a cambiare partner, per un periodo della loro vita, e che questa cosa la vivono bene, scegliendo in qualche modo. Io associavo la vita di questa ragazza ad un rischio maggiore di subire violenza dagli uomini, per cui mi domandavo: ma questi ragazzi che vedono che lei una sera va con uno, e dopo una settimana magari cambia partner, non avranno poi il desiderio di possedere esclusivamente il suo corpo?, Ecco, questa cosa non è mai successa, questa ragazza ha avuto questa esperienza senza incorrere mai nella violenza. Per me sarebbe stato normale che ci incorresse, qui c’è il retaggio mio delle proibizioni sessuali, quando ero giovane mio padre se avesse saputo una cosa del genere mi avrebbe sicuramente picchiato, o chiuso in casa, invece amiche di mia figlia che non hanno fatto queste scelte, che cercavano un partner fisso, sono incorse molto più in episodi di violenza, che non questa ragazza. Laura Anche a me è capitato di farmi serenamente il mio incontro così, però è stata una cosa scelta, scelta e consapevole, secondo me una sedicenne può farlo anche per apparire, come potevo essere io che andavo a ballare, mi vestivo in maniera che, se mi violentavano avevano anche ragione (voci di fondo, che dissentono) Laura: se vai in discoteca e ti comporti in una certa maniera e ti portano in bagno, secondo me è perché lo hai fatto capire. Chiara Quello è un discorso che faceva mia madre che è nata nel cinquanta, e che sento fare anche da ragazze di trent’anni, il discorso è che se tu te ne stai a casa buona e tranquilla, allora … Laura: il mio discorso è diverso, il mio discorso è non si fa di un’erba un fascio, ci sono comportamenti e comportamenti, ci sono ragazze che dicono e fanno delle cose, che se ti succede qualche cosa, è un messaggio molto, molto esplicito. Paola: il discorso che fa Laura è: un conto è la colpevolizzazione, altra cosa è un’ambiguità di comportamento. Perché una ragazzina si fa scopare nel bagno della discoteca, o perché una donna si fa picchiare per sette anni consecutivamente dal marito? Qui effettivamente c’è una complicità. Quello che dice Laura è: attenzione! un conto è se io decido di farmi una notte con qualcuno perché lo desidero, ma ci può essere anche un farlo perché si fa e questo è davvero povero e non credo che poi alla fine lasci molti residui felici. Dice ancora di più: la ragazzina per farsi vedere nel gruppo, per essere accettata, dà dei messaggi al tipo, che vedendo quei messaggi dice “via libera” e non è che non sia successo anche nei fatti di cronaca, c’erano dei ragazzi intervistati che dicevano: ma fino ad un attimo fa era lì che me la dava, poi al momento no… lei ha diritto di dire di no, non scherziamo, però il comportamento pericoloso, il comportamento esposto viene da questa cosa.
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